TERZA TAPPA WASHINGTON D.C.
Riprendiamo il nostro viaggio per alcune delle città della East Coast in treno
Giorno 7: Arrivo a Washington nel pomeriggio con un treno da Philadelphia (link)
Giorno 8: Primo giorno di tour a Washington
Giorno 9: Secondo giorno di tour a Washington
Giorno 10: Visita in giornata a Baltimora
Giorno 11: Partenza in aereo verso Boston
HOTEL CONSIGLIATO
Se cerchi una base comoda e funzionale per esplorare Washington, D.C., il Club Quarters Hotel White House è una scelta perfetta: si trova a pochi passi dalla Casa Bianca e offre un equilibrio ideale tra posizione strategica e comfort moderno. Provato sulla mia pelle e super consigliato!
Washington:
da capital-city
a città-stato mancata
La prima parola che mi viene in mente per descrivere Washington è immensa. Gli spazi sono enormi, le distanze importanti e percorrerla significa mettere in conto chilometri su chilometri. Non è una città raccolta, ma è senza dubbio elegante. Ha tutta la presenza scenica di una capitale e, in alcune zone dedicate esclusivamente ai monumenti, può persino sembrare quasi finta per quanto è ordinata e perfetta. Poi continui a camminare e ti ritrovi in quartieri residenziali come Georgetown, che sorprendono per la loro bellezza discreta e una raffinatezza capace di lasciare davvero senza parole.
Il perché del titolo?
Washington, D.C. (District of Columbia) vive da sempre in una tensione identitaria che la rende unica nel panorama mondiale: è allo stesso tempo capital-city degli Stati Uniti e quasi una città-Stato. È stata progettata per incarnare lo spirito della nazione ma oggi rappresenta anche le esigenze di una comunità urbana che chiede diritti e riconoscimento. È un luogo che lavora per il Paese, ma che spesso si sente stranamente escluso da quel Paese.
Come capital-city, Washington è un simbolo. È l’immagine che gli Stati Uniti danno di sé: monumentale, razionale, ordinata, fatta di assi prospettici e di edifici che trasformano la politica in architettura. Qui si parla al mondo intero. Qui si decidono guerre, trattati, strategie, rivoluzioni fiscali. Qui la storia non solo si studia: si scrive, a volte senza nemmeno volerlo.
Ma come città-Stato, Washington è un’entità con un’anima propria. Ha un governo locale, un bilancio autonomo, scuole, ospedali, servizi pubblici. Amministra la sua vita quotidiana come uno Stato, sviluppando politiche su istruzione, ambiente, urbanistica e sicurezza. In molte funzioni — fiscali e amministrative — opera come una vera entità statale, pur non essendolo tecnicamente.


Ed è qui che nasce la contraddizione. Perché mentre la capitale degli Stati Uniti è il centro del potere, i suoi abitanti hanno meno potere politico di qualunque cittadino di uno Stato federale. Nessun senatore, un solo rappresentante senza diritto di voto, un’autonomia che può essere annullata dal Congresso. È come se il motore della democrazia americana avesse un’intera città seduta sul sedile del guidatore… ma senza poter toccare il volante.
Questa tensione ha anche un valore simbolico. Come capitale, Washington rappresenta il patto federale; come città-Stato mancata, rappresenta invece le fratture di quel patto, i limiti della democrazia rappresentativa quando incontra eccezioni storiche rimaste sospese nel tempo.
Ecco perché da decenni il dibattito sulla statehood — la trasformazione del Distretto in un vero Stato — non si è mai spento. Per molti, sarebbe il compimento della sua identità di città-Stato; per altri, rischierebbe di compromettere la sua missione di capitale neutrale. Ogni progresso verso la piena autonomia è al tempo stesso una rivendicazione locale e un nodo costituzionale.
Washington Monument
Qualche curiosità:
1. Nessun grattacielo: a Washington non troverai edifici altissimi. Una legge del 1910 stabilisce che nessun palazzo possa superare in altezza la larghezza della strada su cui si affaccia, il che mantiene la città ariosa e “orizzontale”.
2. La Casa Bianca non è il punto più alto: molti pensano che il punto più elevato della città sia vicino ai palazzi del potere, invece si trova a Fort Reno Park, nel quartiere Tenleytown.
3. Il Campidoglio ha la cupola più alta della città: sebbene non possa competere con i grattacieli americani, la sua cupola domina lo skyline.
4. Georgetown è più vecchia della città stessa: il quartiere di Georgetown fu fondato nel 1751, quarant’anni prima della creazione di Washington D.C. come capitale.
5. Il Monumento a Washington ha una doppia tonalità: se guardi bene, noterai due colori diversi nei blocchi di pietra. La costruzione fu interrotta per anni per mancanza di fondi, e quando riprese si usò una pietra leggermente diversa, creando un effetto “a due sfumature”.


Martin Luther King Jr. Memorial
Un po' di gossip presidenziale
I presidenti degli Stati Uniti sono un po’ come i protagonisti di una lunga serie TV: ognuno porta il proprio stile, qualche colpo di scena e, inevitabilmente, qualche episodio che gli sceneggiatori forse avrebbero voluto riscrivere. C’è stato chi ha combattuto guerre, chi ha scritto discorsi memorabili, chi ha lanciato programmi spaziali… e chi, semplicemente, ha lanciato mode strane con i baffi.
Da George Washington, che ha iniziato tutto senza nemmeno un manuale d’istruzioni, a quelli che oggi devono destreggiarsi tra conferenze stampa e tweet, il ruolo del presidente USA è diventato un mix di politica, spettacolo e resistenza fisica a scandaletti e domande scomode.
Insomma: 46 protagonisti, decine di acconciature discutibili, parecchie decisioni storiche e un’unica certezza… non ci si annoia mai dalla Casa Bianca!




FLOP
James Buchanan (1857-1861)
È indicato da molti storici come il peggior presidente in assoluto. Durante il suo mandato non riuscì a gestire le crescenti tensioni tra Nord e Sud, rimanendo sostanzialmente inattivo mentre diversi Stati meridionali si avviavano verso la secessione. La sua incapacità di affrontare la crisi contribuì direttamente allo scoppio della Guerra Civile.
Andrew Johnson (1865-1869)
Succeduto a Lincoln dopo l’assassinio, adottò politiche estremamente indulgenti verso gli Stati del Sud e ostacolò apertamente la tutela dei diritti civili degli afroamericani. Entrò in conflitto con il Congresso su quasi ogni decisione e fu il primo presidente a subire un processo di impeachment.
La sua gestione della Ricostruzione è considerata un fallimento che compromise profondamente il dopoguerra.
Warren G. Harding (1921-1923)
La sua amministrazione è ricordata principalmente per numerosi scandali di corruzione, tra cui il celebre Teapot Dome. Sebbene Harding personalmente non fosse accusato di arricchimento illecito, la sua scarsa capacità di controllo sui collaboratori e la mancanza di una visione politica chiara portarono a un giudizio complessivamente negativo da parte degli storici.
Franklin Pierce (1853-1857)
Il suo mandato fu segnato da scelte politiche che aggravarono le tensioni nazionali, in particolare il Kansas–Nebraska Act, che di fatto riaprì il conflitto sull’espansione della schiavitù nei nuovi territori. Questo contribuì all’esplosione di violenze nel Kansas e accelerò la polarizzazione tra Nord e Sud, avvicinando ulteriormente il Paese alla guerra.
Millard Fillmore (1850-1853)
È spesso giudicato negativamente per la firma del Fugitive Slave Act, una delle leggi più controverse dell’epoca, che impose pesanti restrizioni ai fuggitivi schiavi e aumentò notevolmente le tensioni tra gli Stati. Inoltre, la sua presidenza non lasciò riforme durature né una direzione politica forte, risultando poco incisiva nel complesso.
TOP
George Washington (1789–1797) – Il fondatore.
Il primo, l’insostituibile: ha definito il ruolo della presidenza, tenuto insieme una nazione appena nata e detto “no” alla tentazione di diventare un re. A Washington, D.C., quasi tutto porta il suo nome — non per caso.
Abraham Lincoln (1861–1865) – Il salvatore dell’Unione.
In piena guerra civile ha evitato la disintegrazione del Paese e abolito la schiavitù. Il Lincoln Memorial a Washington lo ritrae come ciò che fu: immenso, fermo, necessario.
Thomas Jefferson (1801–1809) – L’architetto dell’America moderna.
Autore della Dichiarazione d’Indipendenza, visionario, promotore dell’espansione verso ovest con l’acquisto della Louisiana. A Washington il suo memoriale è un tempio laico dedicato all’idea stessa di libertà.
Franklin D. Roosevelt (1933–1945) – Il presidente delle crisi.
Ha guidato gli USA attraverso la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale. Ha reinventato il ruolo dello Stato nell’economia con il New Deal. Il suo memoriale a Washington è un racconto in pietra di resilienza e coraggio.
Theodore Roosevelt (1901–1909) – L’energia che ha proiettato l’America nel futuro.
Progressista, ambientalista ante litteram, padre dei parchi nazionali e protagonista della politica estera che ha trasformato gli USA in una potenza globale. A Washington la sua presenza aleggia ovunque, soprattutto alle porte dei musei di storia naturale e delle politiche ambientali.
I QUARTIERI
Washington, D.C., è una città fatta di quartieri molto diversi tra loro, ciascuno con una propria identità e un carattere distintivo. Alcuni sono eleganti e istituzionali, altri vivono di arte, cultura o vita notturna; altri ancora sono centri politici e governativi. Bastano pochi isolati per passare da un’atmosfera all’altra, rendendo la città un mosaico dinamico di esperienze e stili di vita.
National Mall e Capitoll Hill
National Mall Il cuore monumentale di Washington: viali larghi, musei gratuiti, memoriali iconici e palazzi istituzionali. È la zona più scenografica, quella che dà alla capitale il suo aspetto maestoso. Perfetta per una giornata intera di camminate e cultura.
Capitol Hill: residenziale, elegante e sorprendentemente tranquillo, nonostante la vicinanza al Campidoglio. Le sue case colorate e l’Eastern Market lo rendono uno dei quartieri più autentici della città.
Georgetown
Elegante, storico e curatissimo. Case in mattoni, stradine tranquille, boutique raffinate e un lungofiume vivace. Sembra quasi un piccolo villaggio dentro la città. È il quartiere più bello per passeggiare senza meta.




Logan Circle - Shaw - Penn Quarter - Downtown
Logan Circle: Quartiere elegante e storico, famoso per le case vittoriane restaurate e la grande piazza centrale alberata. È noto per i ristoranti alla moda, caffè e boutique indipendenti, ed è un punto d’incontro molto vivace per residenti e visitatori.
Shaw: un mix riuscito tra storia e modernità. Ottima cucina, locali trendy e strade residenziali piacevoli. Un quartiere che sta vivendo una rinascita interessante.
Penn Quarter: Cuore culturale della città, Penn Quarter ospita teatri, gallerie e musei come il Smithsonian American Art Museum. È perfetto per chi ama combinare arte, ristoranti e passeggiate tra edifici storici.
Downtown: Centro commerciale e finanziario di Washington, Downtown è caratterizzato da uffici, hotel e ristoranti. È la zona ideale per chi vuole muoversi a piedi tra negozi, ristoranti e attrazioni principali della capitale.
Foggy Bottom - Adams Morgan - Dupont Circle
Foggy Bottom: un mix tra istituzionale e universitario. Qui convivono studenti, lavoratori delle agenzie governative e il Kennedy Center. È una zona comoda, centrale e con un’atmosfera rilassata.
Adams Morgan: colorato e multiculturale, famoso per i murales e la vita notturna. È il quartiere più giovane e informale, perfetto se cerchi ristoranti etnici e bar pieni di energia.
Dupont Circle: pieno di ambasciate, caffè e ristoranti. Una zona vivace ma mai caotica, con belle architetture e un’atmosfera “europea”. Ottima per uscire la sera o per un brunch domenicale.
IL NATIONAL MALL
Percorrere il National Mall è come affrontare una maratona storica: circa 3,2 km di monumenti, musei e prati infiniti che sfidano gambe e fiato. Dal Lincoln Memorial al Campidoglio, ogni passo è un allenamento tra selfie patriottici e sprazzi di gloria americana. È la via della maratona storica, dove anche i più motivati scoprono che camminare tra secoli di storia richiede resistenza olimpica… e almeno un paio di pause strategiche.


Chi dimentica è complice...

Giorno 8: La via dello sfinimento
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E il giorno 9
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Il pomeriggio: Logan Circle, Shaw, Penn Quarter, Downtown
La mattina: Foggy Bottom, Georgetown, Adams Morgan, Dupont Circle



Quel maledetto piatto di spaghetti con le polpette. Se volete sapere il prezzo?! Beh, in totale 70 $ per due piatti e la mancia. Lo so, è assurdo. Ma dopo giorni di astinenza da cibo “italiano” e a fare attenzione ai costi elevanti negli USA per qualsiasi bene di consumo, eravamo pronti per una volta a lasciarci un po’ andare. Siamo stati stupidi, sì, perché pagare così tanto per degli spaghetti all’estero è da manuale del turista sprovveduto. Però erano incredibilmente buoni, niente da dire. E, onestamente, forse lo rifarei senza pensarci troppo.




I beveroni colorati di Starbucks a Georgetown. Quel giorno c’erano 30 gradi e stavamo sciogliendoci, quindi siamo entrati nel primo posto con l’aria condizionata sparata a mille. Ne abbiamo presi due senza nemmeno leggere cosa fossero. Il mio era fucsia, un colore improbabile che già diceva tutto: dentro c’era praticamente un chilo di zucchero, perché di sapori veri non ne ho riconosciuti. Però in quel momento ci ha salvato la vita. Georgetown era bellissima, ma senza quel beverone probabilmente sarei collassata sul marciapiede.
I chilometri fatti nella città. Dovete sapere che Washington è infinita. Spostarsi a piedi è un’impresa: le distanze sembrano brevi sulla mappa, poi inizi a camminare e ti rendi conto che ogni isolato è enorme. Io non avevo mai visto una città con spazi così vasti. Un museo “vicino” all’altro si traduceva in mezz’ora di marcia sotto il sole, e ogni volta pensavo di essere quasi arrivata… invece no. Alla fine abbiamo macinato chilometri come se stessimo allenandoci per una maratona.
La scala dell’Esorcista. Quella scala infinita e ripida che tutti fotografano. Si trova a Georgetown, tra Prospect St NW e 36th St NW, proprio dietro la Georgetown University. È legata a uno dei miei horror preferiti, quello che mi ha traumatizzata a 12 anni. Salirla è stato molto meno “cinematografico” del previsto: solo un’enorme quantità di gradini e un bel fiatone. Però fa un certo effetto essere sul punto esatto del film che mi aveva rovinato il sonno per settimane. Comunque è una tappa veloce, pratica e facile da aggiungere se state girando la zona di Georgetown.
Quando penso a Washington, non mi tornano in mente subito i monumenti, i musei o tutte le informazioni che avevo letto sulla guida. Quello che riaffiora davvero sono quattro episodi, piccoli flash che raccontano meglio di qualsiasi itinerario cosa mi viene in mente quando penso alla città. Perché alla fine è sempre così: puoi ricordarti la storia e le cose “da vedere”, ma i ricordi che restano più vivi sono frammenti magari insignificanti ma che ti porterai dentro per sempre.
Giorno 10: Gita a Baltimora
In uscita mercoledì 3 dicembre
Giorno 11: partenza verso Boston
In uscita la prossima settimana
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Itinerari
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